Erosglyph/2004mjm
di Massimo Jose Monaco


(erosglyph/55/2004mjm - La visione di Narciso)

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Breve Indagine Conoscitiva

Nel percorso creativo che da alcuni anni dedico al segno glifico, al suo tracciare e alle sue contaminazioni, la fotografia e il trattamento digitale dell’immagine fotografica, arriva ultimo, quasi prima necessitasse una sorta di riflessione o di comprensione del media da usare.
Arriva dopo il disegno, la pittura, gli alfabeti e la scultura ma arriva come flusso di continuità di un percorso esperenziale sempre in divenire.

Questo è un lavoro di pittura fotografica e questa serie d’immagini prendono ispirazione e vita in particolare dalla mitologia greca alle cui ninfe molti scatti sono dedicati. Il titolo di riferimento in ogni caso non vuole essere narrativo, ma bensì rappresentativo di un istante. Richiamo al mito come archetipo di un pensiero libero.
In ogni caso lo ritengo un riferimento aperto, non obbligatorio perché, nelle intenzioni, non è utile all’immagine stessa instradare il pensiero dell’osservatore su binari interpretativi prestabiliti. Voglio dire che non intendo negare ciò che l'immagine è.

Ogni immagine è un momento d’interazione tra diversi sistemi di segni: forme corporee, ambienti, strutture o elementi a sfondo e glifi.
La scelta delle immagini ha una connotazione evidentemente erotica e ogni immagine risponde ad alcuni requisiti quali una posizione funzionale alle possibilità d’intervento, la possibile trasformazione e la ricomposizione. In effetti, degli originali scatti rimane poco o niente di riconoscibile.
Anche la scelta degli ambienti e degli sfondi è stata accurata ed ognuno si lega indissolubilmente alla forma-corpo in un continuo rimando tra l’uno e l’altra.
Quindi, come sempre, nessuna concessione al caso o all’improvvisazione.
Al contrario, metodo e ricerca compositiva.
Ogni immagine è identificabile attraverso il numero di creazione, l’anno, un riferimento culturale e letterario o un richiamo al mito.

(erosglyph/24/2004mjm - Il gioco della Naiade)

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Credo che in questa situazione d’uso, il Glifo necessiti di una definizione: il glifo è un segno inteso in una accezione barthesiana e cioè: “…un carattere, una forma, un colore espressione... di una sessualità felice, dolce, sensuale, piena di giubilo…”.
Se questo avviene è perché questo segno, questo Glifo, ha una semplice e riconoscibile traccia umana che gli permette di interagire in varie situazioni. Per esempio è grazie a questo interagire che nasce l’Alfabeto Danzante e i quadri pittoglifi di cui in altre pagine si possono vedere esempi.
Nel caso specifico di questa manipolazione digitale, il Glifo agisce su forme corporee femminili e maschili.

Forme senza identità, devisualizzate e quindi spersonalizzate.
Queste forme-corpo sono usate come sensuali spazi di gioco, percorsi di scoperta e frenesia in una chiara quanto giocosa espressione di sessualità libera .
Dunque ecco i glifi agire sulle forme, invaderle, percorrerle, frugarle e scoprirle in un ironico ed erotico formicolare di vita.
Nel contempo però, nel tripudio di colore e forme, qualcosa s’intromette nel gioco glifico. Sulle forme-corpo affiorano altri segni, tracce di possibili mutamenti e di contaminazioni.
Il colore-calore si smarrisce ed emergono malevole tracce decoloranti di un grigio freddo e metallico. Forse è in atto il processo uniformizzante della passività.

Al giocoso desiderio di essere, esistere e convivere con liberi e individuali modelli di pensiero, sento il lento sovrapporsi di una cultura ostile e timorosa (e forse invidiosa) del cambiamento, ritrosa e, ciò che temo di più, conflittuale con le libertà individuali.